Il 22 aprile 2022 la terza edizione dell’Italia Green Film Festival ha ospitato, presso la Casa del Cinema di Roma, l’attesa cerimonia di premiazione, che, come in tutti i concorsi che si rispettano, è l’atto conclusivo e sicuramente il momento più atteso dell’intera manifestazione. La cerimonia di premiazione si può però considerare come la punta scintillante di un iceberg che in realtà è mantenuta in alto da un lungo lavoro organizzativo e da un altrettanto lungo e scrupoloso lavoro di selezione dei film da parte della giuria.
Anche quest’anno sono giunti in valutazione audiovisivi da tutto il mondo, letteralmente dai cinque continenti, che, seppur con stili espressivi quantomai variegati hanno cercato di mostrare le criticità che insidiano il rapporto uomo-ambiente e hanno tentato di proporre nuove visioni, in una dimensione dove il cambiamento non può che presupporre scelte coraggiose, spesso radicali. Al pari della letteratura legata a tematiche ambientali, anche il cinema si esprime secondo gli stessi canoni; per questo motivo la giuria si è trovata a valutare alcuni film che hanno ricalcato il filone catastrofista, apocalittico: degno di nota in questo senso il corto animato che prende il titolo della celebre canzone dei Queen, Who wants to live forever di Matteo Valenti, che mostra in pochi minuti, probabilmente una manciata di decenni nella realtà, l’involuzione dell’essere umano sulla terra: incendi, alluvioni, uccisioni di animali appaiono nel cortometraggio forieri di un futuro incerto per il genere umano. Il film con toni allarmanti spinge lo spettatore a restare in ascolto, e il grido d’allarme si propaga su iniziativa di giovani di tutto il mondo, partendo da vari college sparsi nei cinque continenti.

Il Dott. Francesco Marcone del WWF premia Vincenzo Peluso
Il filone presente in maniera abbastanza numerosa riguarda pellicole che mostrano che il cambiamento è possibile, al pari della possibilità di vivere una vita felice anche se spesso segnata dalla fatica. La consapevolezza del coraggio si mostra attraverso documentari che trattano il tema dell’abbandono della città per la riconquista della vita agricola. Capre diem di Walter Bencini, un film italiano dove al centro della storia figurano un ragazzo e una ragazza che lasciano i loro studi, le loro città, per andare a vivere nell’appennino centrale come allevatori di capre; molto significativa anche la vicenda narrata nell’audiovisivo vincitore come miglior cortometraggio, dal titolo Cosa c’è di strano in tutto questo? Di Mauro Bartoli, dove si narrano le vicende di Ivan Fantini, cuoco eterodosso eticamente puro, in bilico tra l’anarchia e il francescanesimo, giunto all’apice del successo personale decide di mollare tutto per ritirarsi sulle colline romagnole in località Boscost’orto e continuare la sua attività dedicandosi ad una cucina realizzata con il recupero di prodotti destinati all’incuria e all’abbandono. Nella sua trattoria marginale prendono così vita piatti semplici e allo stesso tempo curati, che lungi dal desiderio di stupire, concretizzano un innesco virtuoso al fine di vivere una socialità compiuta. Oltre al tema della lotta agli sprechi alimentari, viene quindi evidenziata l’importanza del rapporto umano che si esplica anche attraverso l’antica pratica del baratto, capace di svincolare le cose dal dominio dei soldi.

Il Dott. Matteo Vagnini premia Luca Calvetta
La tematica dell’abbandono della vita urbana, del rifiuto di un certo tipo di globalizzazione, addirittura del fare a meno del “posto fisso” è stata una pista molto battuta dagli autori che hanno preso parte al Festival. Pionieri di un ritorno ad una economia di sussistenza che rifugge dallo scambio merce-moneta, che, pare essere una delle risposte possibili ad un mondo che sempre più cala d’alto le proprie norme, le proprie regole sempre meno inclusive, dove il concetto di democrazia si allenta in nome della sicurezza e della legalità, dove come ricorda Vandana Shiva: « sotto il vessillo della competitività e dell’efficienza, l’accesso al cibo, la sanità, l’istruzione e la sicurezza sociale sono trasformati in monopoli di impresa. Le norme poste a tutela di sicurezza e salute sono stigmatizzate come protezionismo».
Un’altra urgenza espressiva riscontrata nei film partecipanti è stata quella inerente al problema degli sprechi alimentari e della sempre più problematica gestione dei rifiuti. Significativi in questo senso Your Choice del Collettivo Fenice, che tratta appunto di come gli alimenti presenti sugli scaffali dei supermercati finiscano ancori commestibili nei cassonetti, e Prima Ascesa – La montagna creata dall’uomo di Leonardo Panizza, un documentario che narra l’eccezionale prima scalata da parte di due alpinisti di una delle ultime cime inviolate rimaste al mondo: una montagna di rifiuti, quella che ognuno di noi contribuisce a creare ogni giorno.
Lotta agli sprechi quindi, ma anche contemplazione del creato attraverso le immagini del classico documentario naturalistico, senza trascurare la denuncia, come nel film statunitense Aquariums: the dark hobby di Paula Fouce, riguardante la pratica della cattura dei pesci delle barriere coralline hawaiane che finiranno poi negli acquari, Total Disaster, denuncia-provocazione di un gruppo di attivisti, Montagne di plastica di Manuel Camia, dove si vedono due ricercatori dell’Università di Milano che rinvengono microplastiche sulla neve dei ghiacciai alpini, Verde Speranza di Alessia Vegro, che narra la difficile ricostruzione post-terremoto di Amatrice, oppure ancora Gli angeli invisibili di Vincenzo Peluso, dove al centro della storia ci sono gli infaticabili volontari che gestiscono i canili che accolgono il gran numero di cani randagi che popolano le strade dell’Italia meridionale, fino a giungere ad un richiamo al tema dell’incomunicabilità con Eyes di Maria Laura Moraci, e della violenza di genere con il delicato corto animato Senza Veli di Paolo Iorio e Marina Buffetti
La questione ambientale quindi, nei film presenti nell’ Official Selection dell’Italia Green Film Festival fa rima sempre con la questione etica, che si realizza attraverso quell’attenzione verso la natura e verso gli altri uomini che sembra smarrita, confusa dietro una cortina di arroganza, prepotenza e ricerca del profitto che vede l’ambiente naturale e l’uomo solo come entità senza un futuro da saccheggiare indiscriminatamente.
L’importanza di far ascoltare, in chiave compiutamente democratica, le testimonianze di quella parte di mondo che ancora crede nella possibilità di un’interazione virtuosa tra essere umano e ambiente, tra natura e cultura, notevole in questa direzione il corto Il paese interiore di Luca Calvetta, è stata la stella polare che ha guidato il lavoro della giuria: far emergere il sommerso, rendere noto, mostrare la marginalità e raccontare la storia di personaggi “difficili”, in conclusione, tutto ciò che in fin dei conti è difficile vedere attraverso i canali ufficiali.
La giuria:
Annie Baronnet
Sergio Battista
Alberto Ciarafoni